Partiamo dal dato empirico: il disagio psichico è un qualcosa che sfugge alla comprensione delle persone cosiddette normali. Tale incomprensione genera paura, diffidenza, giudizio fino ad arrivare ad un’aperta ostilità. Chi è toccato da una profonda sensibilità, che spesso genera il disagio, ha una percezione differente della realtà e questo alimenta un allontanamento dal mondo. Si arriva ad un isolamento completo che innesta un circolo vizioso da cui è molto difficile uscirne. Da fuori sembra che ci siano delle responsabilità soggettive nell’innescare questi meccanismi e questo porta ad una totale incomprensione del dolore che si portano dentro queste persone e della gabbia in cui vivono. La loro sensibilità li porta a ritrarsi difronte al giudizio, perché si sentono (e lo sono) incompresi e ingiustamente colpevolizzati, ma tale solitudine interiore esacerba la loro angoscia, esasperando il loro disagio. I primi che spesso non capiscono e si allontanano, a causa di latenti fragilità, sono i familiari, ma questo genera in loro senso di colpa e rabbia ed ovviamente i problemi si amplificano ed arrivano a coinvolgere emotivamente e psicologicamente essi stessi. La guarigione parte dalla comprensione e dall’amore. Non esiste altra via, è necessario che il sofferente non si senta mai solo nel proprio dolore e che questo non diventi un marchio. Solo condividendo la sofferenza si va oltre e la si fa diventare un’esperienza passata arricchente.
Daniele Corbo