Quando si pensa ai clochard si tende a vedere una storia fatta di scelte sbagliate o episodi sfortunati, ma difficilmente ci si sofferma a pensare che dietro potrebbe esserci un disagio psichico. La ricerca attuale ha trovato un ruolo per i processi cognitivi ed emotivi nei percorsi di vita che portano a diventare senzatetto. I senzatetto sono una preoccupazione sociale ed emotivamente evocativa, che incorpora una serie di esiti psicologici avversi che sono diventati sempre più rilevanti per le comunità urbane e rurali. Le statistiche ufficiali stimano che i cittadini italiani senza fissa dimora siano più di 50000. Esistono molti percorsi eterogenei per diventare senzatetto, in genere derivanti da un’interazione tra fattori macrocosmici, come la povertà e la disoccupazione e fattori microcosmici, inclusi traumi infantili, malattie mentali e abuso di sostanze. Le sfide affrontate dai senzatetto portano alla marginalizzazione, all’insicurezza finanziaria e all’esposizione ad ambienti ad alto rischio. L’esposizione a questi elementi può esacerbare fattori di rischio come la malattia mentale, che può di conseguenza far iniziare l’impegno nei comportamenti di coping maladattivi, cioè le modalità con cui la persona cerca di fronteggiare un ambiente di sviluppo negativo, nel tentativo di non entrare in contatto con le emozioni intense e dolorose. Di conseguenza, i senzatetto hanno una serie di gravi conseguenze, tra cui aumento della mortalità, suicidio, abuso di sostanze e suscettibilità a disturbi psichiatrici, in particolare psicosi. I disturbi psicotici possono coesistere con difficoltà nell’attuazione di strategie di coping essenziali che potrebbero altrimenti impedire l’ingresso nel ciclo dei senzatetto. In particolare, alcuni fattori cognitivi, tra cui il pensiero paranoide e disorganizzato, la scarsa risoluzione dei problemi e i sintomi depressivi possono impedire il dispiegamento di meccanismi di promozione della resilienza e quindi contribuire allo sviluppo dei senzatetto. Un recente studio si proponeva di esplorare i fattori cognitivi principali coinvolti nel mantenimento dei senzatetto esaminando una specifica distorsione cognitiva osservata nella psicosi: il pensiero paranoico. Tale ricerca suggerisce che questo approccio orientato ai sintomi – esaminando singoli sintomi di psicosi – possa servire a informare la nostra conoscenza della grave malattia mentale. In questo studio, un approccio basato su un singolo sintomo ha permesso un’indagine approfondita sulle convinzioni paranoiche, cosa che non sarebbe stata possibile qualora l’attenzione includesse dimensioni più ampie di psicosi, come allucinazioni. Per paranoia intendiamo l’infondata convinzione che uno sia stato intenzionalmente danneggiato da un persecutore; le delusioni persecutorie possono essere eccessive, angoscianti e mantenute con grande convinzione. Evidenze emergenti supportano uno spettro paranoico continuo che va dalle idee-miti di riferimento sociale alle delusioni persecutorie clinicamente rilevanti. Le convinzioni paranoiche possono esacerbare il rischio di senzatetto a causa di una sfiducia pervasiva per le istituzioni così come la negazione dei sintomi e la necessità di un trattamento. Nei casi più gravi, gli individui che sviluppano convinzioni persecutorie sui loro vicini possono infine abbandonare le loro proprietà. L’esperienza del pensiero paranoico può ridurre la capacità di far fronte agli stress quotidiani causati dall’essere senzatetto, impedendo l’accettazione di aiuto da alloggi e servizi psichiatrici. In coppia con la malattia mentale, l’assunzione di comportamenti disadattivi ad alto rischio, compresi autolesionismo intenzionale, aggressività, abuso di sostanze e pratiche sessuali ad alto rischio, ha un impatto negativo simile sui senzatetto. I senzatetto con psicosi hanno una maggiore vulnerabilità ai comportamenti disadattivi; per esempio, i senzatetto con psicosi sono a maggior rischio di abuso di sostanze rispetto ai senzatetto senza una grave malattia mentale. Inoltre, fino al 31% dei senzatetto potrebbe essere stato vittima di autolesionismo nell’ultimo anno. Sono necessarie ulteriori ricerche per accertare le variabili che portano i senzatetto con psicosi a impegnarsi in comportamenti disadattivi. Uno di questi meccanismi implica difficoltà nel regolare le emozioni in questo processo. La regolazione delle emozioni è definita come il processo attraverso il quale vengono influenzate le risposte emotive, cioè il modo in cui le emozioni vengono vissute e successivamente utilizzate. Un certo numero di influenze fondamentali sono state proposte per quanto riguarda lo sviluppo della regolazione delle emozioni, incluso l’input di attributi neuroregolatori e comportamentali. Si ritiene che gli stili di genitorialità forniscano una base essenziale da cui i bambini imparano a modellare le strategie di regolazione, rappresentando un percorso dinamico attraverso cui le esperienze emotive sono assistite e risposte. I bambini conseguentemente interiorizzano modelli di abilità regolatorie acquisite, in base alle quali gli atteggiamenti mantenuti dal caregiver si trasformano in convinzioni relative ai modi di far fronte a difficili esperienze emotive. Ambienti in cui viene data attenzione inappropriata durante le travolgenti esperienze emotive possono favorire la disregolazione emotiva. Ci sono alcune prove che suggeriscono che lo sviluppo disfunzionale delle abilità di regolazione delle emozioni cognitive può lasciare individui suscettibili al disturbo psichiatrico. Gli individui che hanno esperienza di psicosi hanno dimostrato difficoltà con la regolazione interna delle emozioni negative. Le persone con psicosi hanno rivelato strategie di regolazione delle emozioni inefficaci relative all’espressione, all’elaborazione e all’esperienza emotiva. Inoltre, si è scoperto che le persone con schizofrenia impiegano tecniche di soppressione per la rivalutazione, inibendo così l’esperienza emotiva. Inoltre, i modelli cognitivi della paranoia sottolineano il ruolo delle emozioni negative e dei pregiudizi cognitivi, tra cui l’ansia e la tendenza a saltare alle conclusioni, nella formazione dell’illusione. Recenti scoperte indicano che la disregolazione emotiva può anche unire una serie di comportamenti disadattivi dissimili. Una regolazione efficace delle emozioni angoscianti riduce la necessità di agire impulsivamente e migliora i comportamenti. Attualmente, nessuno studio ha studiato i meccanismi psicologici specifici, come la difficoltà di regolare le emozioni, che sono alla base dell’associazione tra paranoia e comportamenti disadattivi. Un progetto di mediazione è stato impiegato in un gruppo di persone senza fissa dimora. 40 partecipanti, che erano senzatetto al momento dello studio, hanno completato una valutazione di una singola sessione di paranoia, regolazione delle emozioni e comportamenti disadattivi. Le analisi di mediazione hanno indicato che le persone con punteggio elevato nella paranoia avevano maggiori probabilità di assumere comportamenti disadattivi, in particolare abuso di sostanze e aggressività, quando avevano difficoltà a regolare le proprie emozioni. Questi risultati dimostrano una nuova scoperta relativa all’effetto della regolazione delle emozioni nel mantenimento della psicopatologia e dei comportamenti negli individui vulnerabili, che a loro volta possono sostenere periodi di senzatetto. La regolazione delle emozioni può quindi essere un particolare meccanismo psicologico attraverso il quale una grave malattia mentale influisce sull’impegno nei comportamenti autodistruttivi nei senzatetto. Questi risultati hanno importanti implicazioni cliniche per interventi terapeutici mirati, in questa popolazione di senzatetto spesso difficile da trattare. Quindi la sofferenza di queste persone non solo è economica e sociale, ma spesso il disagio è soprattutto psichico.
Daniele Corbo
Bibliografia: Paranoia and maladaptive behaviours in homelessness: The mediating role of emotion regulation. Powell K, Maguire N. Psychol Psychother. 2017 Dec 22.
a volte si pensa che queste persone abbiano fatto una scelta, ma non credo che un senza tetto ha fatto una scelta, quando non hai una lira in una societa’ che tutto dipende dal denaro o conosci qualche uno che ti aiuta o sei aiutato dalle istutuzioni o altrimenti ti trovi per la strada, cerchiamo di aiutare queste persone se possiamo..
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Condivido tutto quello che hai scritto ed esorto a raccogliere il tuo invito!
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Infatti non credo alle leggende metropolitane come scelta di vita. Chi non ha un tetto è sempre per un disagio interiore o una condizione di povertà.
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Anche io la vedo così!
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A me è rimasta impressa la storia di un senzatetto che aveva perso la moglie ed era rimasto solo. Ma avrebbe potuto chiedere aiuto alla sua figlia ormai grande, e invece disse che non voleva essere per lei un “fastidio”…
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Caso di rara dignità… e se ne incontra tanta tra i senzatetto. Ci sono storie incredibili, a volte tante sopraffazioni subite e spesso persone di un’umanità rara.
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È vero! Eppure quale grande fastidio poteva mai dare alla figlia? Quantomeno poteva dargli un aiuto, un sostegno emotivo. Invece, lui, di sua volontà ha agito così. Non è veramente da tutti.
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È un discorso che mi tocca da vicino… non entro nei dettagli, però tantissime volte i famigliari non riescono ad aiutare queste persone. Ahimè è molto difficile gestire un senzatetto con problemi psicologici…
Bel articolo! 🙂
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Grazie… immagino il tuo dolore e la sensazione d’impotenza. Le famiglie, se sono lasciate sole, non ce la possono fare.
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Grazzie… Immagino il tuo dolore e la sensazione d’ importenza. Le famigle ,se sono lasciate sole, non ce la possono fare.
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Grazie a te! Lo credo anch’io, non ce la possono fare…
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Grazie petro uno 25
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Yes
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Yeah
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Danke that is in german
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