L’io e la massa

The Crowd Drawing by Marina Novikova | Saatchi Art

LA MASSA E LA SUA CONDOTTA: TRA NORMA E ANOMIA

Molte volte ci si è chiesti il motivo per il quale la personalità e il comportamento di un individuo inserito all’interno di una moltitudine di persone, la c.d. folla, muti sostanzialmente nella natura e nell’intensità. Un soggetto valutato singolarmente presenta aspetti caratteriali e di identità che, all’interno di una folla, possono scomparire, diluirsi notevolmente, o in certi casi scomparire. È come se appartenere ad una massa di persone spingesse l’individuo a spogliarsi del proprio Sé al fine di conformarsi a quello altrui, anche se questo, in molti casi, comporta la commissione di eventi non allineati con la propria personalità. Basta essere inserito in una folla per perdere ogni filtro, ogni freno inibitorio, tanto che non sono infrequenti le commissioni di reati proprio a mezzo di una condotta collettiva. La psicologia ha provato a spiegare il motivo di tale comportamento, indagandone connotazioni di insorgenza e perpetrazione nei vari contesti.

IL PUNTO DI VISTA DELLA PSICODINAMICA
Parlando di relazioni sociali Freud non prescinde dal concetto di folla, e dunque di massa, intendendo con tale definizione una molteplicità di individui riuniti contestualmente e animati da una pulsione collettiva, finalizzata al raggiungimento di una meta comune, che li spinge ad emarginare, se non a cancellare, le rispettive pulsioni individuali preesistenti. Egli condivide l’opinione di Le Bon, il quale parla di “una massa psicologica, più che fisica, composta da individui che per il solo fatto di trasformarsi in massa, qualsiasi sia la loro attività, l’occupazione, il tipo di vita e l’intelligenza, acquistano una sorta di anima collettiva ( Le Bon, 1895, pp. 53, cit. in Freud, 1921). È dunque chiaro come un individuo inserito in una massa differisca da un individuo isolato, e la motivazione di questa differenza, per quanto poco chiara e di difficile percezione, sembra attribuibile alle nuove caratteristiche che gli individui acquistano all’interno di una folla omogenea: in primo luogo troviamo la convinzione di possedere una potenza invincibile, in grado di generare sicurezze ancestrali che consentono di sbarazzarsi delle rimozioni dei propri moti pulsionali inconsci; in secondo luogo abbiamo il contagio mentale, in virtù del quale tutti i componenti di una massa si trovano persuasi dall’idea sovrana propugnata dalla massa, e si sentono in egual modo motivati al perseguimento della stessa; in terzo luogo abbiamo il fattore più importante, capace di provocare negli individui mutamenti psichici ed emotivi di grande rilevanza, e riconducibile alla suggestionabilità. Uno stato d’animo, questo, che può venir paragonato al rapporto di attenzione selettiva che si instaura tra ipnotizzato e ipnotizzatore, e in virtù del quale ogni volontà del soggetto ipnotizzato tende a svanire per essere sostituita da quelle indicate dall’ipnotizzatore, senza che questo gli impedisca di sentirle come egualmente proprie.
La massa presuppone e causa nello stesso tempo un abbandono totale della personalità cosciente, per prediligere l’assunzione di una modalità di pensiero inconscia dove ogni censura scompare, ogni azione è possibile, e ogni volontà individuale viene sacrificata a vantaggio di quella collettiva. Tali premesse tendono a connotare la massa di peculiari caratteristiche che Freud analizza da un punto di vista cognitivo, emotivo e morale, cercando di evidenziare, in ognuna delle dimensioni, come la volontà individuale si fonda totalmente ed immancabilmente con quella degli individui a cui si uniforma, contribuendo a trasformare l’uomo civile in un essere primitivo, barbaro, in preda solo ai propri istinti.

LA MASSA E LE SUE CONNOTAZIONI EMOTIVE
Dal punto di vista emotivo la massa appare impulsiva, mutevole, influenzabile, acritica, in balia di sentimenti cangianti ed inclini a tutti gli estremi, a tutti i possibili eccessi, in un lasso di tempo incredibilmente breve: la storia ci insegna come masse assolutamente asservite al dominio di un sovrano o di un dittatore, si possano trasformare in breve tempo nel peggior persecutore del dittatore stesso, e talvolta nel suo assassino. Colui che prima veniva identificato in un eroe e un salvatore, dunque, si tramuta nel suo esatto contrario solo perché è la massa a propugnare questa nuova verità che i singoli componenti sono disposti a far propria. “La massa soggiace alla potenza veramente magica di parole che nell’anima delle moltitudini possono provocare o placare le più formidabili” tempeste (Le Bon, 1895, op.cit. p. 139. Più che di logica e di coerenza, la massa ha bisogno di illusioni, in virtù di un’irrealtà che ha la precedenza sul reale e sul bisogno di verità (Freud, 1921, op.cit.).
Potremmo definire la psiche della massa come affetta da tratti fortemente istrionici, data la natura passeggere e incongrua delle sue emozioni, la sua suggestionabilità, la drammatizzazione quasi iperbolica della realtà, l’esasperazione emotiva, la tendenza ad amplificare gli eventi e a rendere le relazioni più importanti di quanto non siano in realtà. E nel terrore dell’abbandono che sembra animare ogni suo componente, così come nell’aggressività e nell’improvviso impulso di manifestare emozioni tramite agiti piuttosto che simbolizzazioni verbali, possiamo riscontrare dei tratti borderline; aspetto quest’ultimo confermato da una coesione del Sé fortemente instabile, tanto nel borderline che nella massa, e soggetta a cambiamenti improvvisi e inconsulti, provocati anche da uno stimolo banale e superficiale.
Ma la massa può essere colpita anche da paure e timori improvvisi, non difformi da quelli tipici del fobico, o del soggetto affetto da attacchi di panico. In caso di rivolta, o perdita del capo, o delle idee, o della consapevolezza della propria stessa esistenza l’individuo coinvolto percepisce un senso di vulnerabilità, che per contagio si propaga immediatamente al resto della folla e genera un parossismo di angoscia cieca e feroce che non sembra trovare alcuna posibile soluzione. Il timore angoscioso presuppone l’amplificazione della percezione di pericolo o dalla dissoluzione dei legami emotivi che tengono unita la massa. E data la suggestionabilità e la drammatizzazione di cui si è parlato, data la capacità della folla di rispondere a stimoli superficiali fino a renderli eccessivi, ecco che il timore di un singolo viene trasmessa in forma virale agli altri soggetti, e si trasforma in panico collettivo.

LE CONNOTAZIONI COGNITIVE DELLA MASSA : Dal punto di vista cognitivo la massa appare in una posizione di forte regressione intellettiva. Freud sostiene come l’essere umano colto nella sua singolarità possa esprimere risultati intellettuali maggiori rispetto a quanto farebbe all’interno di un gruppo. Le scoperte e le soluzioni di problemi gravide di conseguenze sono consentite unicamente al singolo che lavora nella solitudine (Freud, 1921, p. 204, op. cit.). Una volta incluso nella massa l’individuo viene invece posto in una situazione di debolezza intellettiva poiché si comporta come se rinunciasse alle proprie facoltà di discernimento e ragionamento, in ottemperanza ad un sentire collettivo che appare quanto mai elementare, quasi primitivo. Non esiste pensiero astratto nella massa, né ragionamento, né saggezza: solo la forza delle proprie pulsioni e dei propri istinti, che vengono agiti più che elaborati. “Una volta inserito nella folla, l’uomo scende di parecchi gradi la scala della civiltà” (Le Bon, op. cit. p. 59), subisce l’inibizione dell’intelligenza. Non solo: fortemente conservatrice e sottratta al pensiero intellettivo, essa non conosce dubbi né se li pone; è certa delle proprie convinzioni che non intende mettere in discussione, “provando ripugnanza per le novità e un rispetto illimitato per la tradizione” ( Freud, op. cit. p. 199).

L’ASPETTO MORALE DELLA MASSA : Sotto il punto di vista strettamente morale, poi, la massa appare ancor più deficitaria. Freud sostiene come il Super-Io provenga non solo da un’interiorizzazione della figura genitoriale al tramonto della fase edipica, ma anche dalla volontà del soggetto di procrastinare, di rinunciare, di modificare le proprie pulsioni nel rispetto della molteplicità degli individui con cui convive. Questa sorta di potere della coscienza funge da censore per tutte quelle pulsioni e quegli istinti che in una situazione di controllo emotivo e cognitivo apparirebbero esecrabili, poiché provocherebbero un vulnus al sentire comune, o ad un potere costituito, o semplicemente al senso morale condiviso.
Questa capacità censoria nella massa appare totalmente offuscata: non esiste legge che non venga disattesa, non esiste morale che non possa venir dissacrata da una folla in tumulto, nella quale il Super-Io viene totalmente ingurgitato dall’Es, fino al completo dissolvimento. Di colpo l’unica moralità da rispettare diviene l’amoralità, e il bisogno di soddisfare le pulsioni primitive e incontrollate dell’Es si sovrappone a tutte le altre necessità negandone l’esistenza. In nome di questo assunto la massa può macchiarsi di qualsiasi colpa senza provarne il minimo rammarico, poiché non esiste più un codice morale cui asservirsi, né un decoro da rispettare. Il singolo abbandona la propria individualità, converte il proprio Super-Io in quello globale della folla consentendo allo stesso di divenire amorale, iniquo; e anche la responsabilità di quanto agito viene diffusa, resa quasi inconsistente, solo perché è stata compiuta collettivamente. Lo stesso Freud precisa a tal proposito che “nello stare insieme degli individui riuniti in una massa, tutte le inibizioni individuali scompaiono e tutti gli istinti inumani, crudeli, distruttivi, che nel singolo sonnecchiano quali relitti di tempi primordiali, si ridestano e aspirano al libero soddisfacimento pulsionale; non deve quindi sorprendere che nella massa l’individuo compia o approvi cose da cui si terrebbe lontano nelle condizioni di vita normali».

IL PUNTO DI VISTA DELLA PSICOLOGIA SOCIALE
La psicologia sociale si orienta in una dimensione più razionale e meno sanzionatoria della folla, cercando di trovare spiegare il suo operato, spesso incontrollabile, con una ragione meno stigmatizzante rispetto a quella freudiana.
Lo fa individuando due caratteristiche essenziali di cui la massa è in se stessa dotata: la volontà di conformare la propria individualità a quella del gruppo, e la volontà di totale identificazione con gli intenti dello stesso. Il conformismo è un concetto molto caro alla psicologia sociale, e si riferisce a tutte quelle situazioni nelle quali un soggetto recede consapevolmente dai propri intenti per avallare quelli comuni. Per rispetto al gruppo di appartenenza, per timore reverenziale, per volontà di perpetrare l’esistenza del gruppo, per evitare ritorsioni. Le motivazioni possono essere molteplici, e tuttavia egualmente in grado di condurre al medesimo risultato: il Sé dell’uno viene sacrificato per quello di molti.
Ma nella folla tale reazione è ancora più forte, ancora più marcata rispetto a quanto avviene nel gruppo. Il soggetto inserito in una folla non si conforma, ma condivide fortemente le attività comuni fino ad assecondarle completamente e con vigore ancora maggiore.
Più che una rinuncia all’individualità, in questo caso sembra attuarsi la volontà di rafforzare l’identità di gruppo e di spingere gli altri partecipanti, in un intento persuasivo, a fare altrettanto. Non si rinuncia quindi al Sé, ma si potenzia il Sé con l’altro, divenendo un tutt’uno con esso. È un altro stadio di sviluppo dell’identità sociale che viene ad essere espresso tramite la partecipazione all’azione collettiva: il singolo sceglie di abbandonare il Sé-uno per divenire dunque Sé-sociale.
Viene ad attuarsi una sorta di de-individuazione (Zimbardo, 1970), in conseguenza della quale i soggetti che fanno parte di un gruppo tendono ad uniformarsi all’individualità collettiva perdendo consapevolmente il senso della propria, e sviluppano al contempo una riduzione della propria responsabilità personale, corroborata dalla percezione che il Sé sia perso, diffuso nella folla, e che pertanto non sia distinguibile da quella altrui (percezione dell’anonimato). Proprio a causa di questa convinzione di responsabilità non riconducibile al Sé personale possono dunque venir attuati anche comportamenti aggressivi, efferati, pur senza avvertirne la colpevolezza. Il singolo disperso nella folla si sente meno colpevole, non percepisce l’illiceità dei propri gesti: perché in fondo, pensa, lo stanno facendo tutti. In questo senso la de-individuazione disegna non solo una nuova percezione di identità, ma anche di responsabilità personale, relazionandola totalmente a quella della folla e rendendola più indulgente verso qualsiasi agito.
In netto contrasto con la norma della deindividuazione si pone la teoria della norma emergente (Turner, Killian, 1972), in base alla quale i soggetti inseriti in un gruppo tendono ad uniformarsi alla condotta generale per ottemperare le nuove norme che emergono nel momento in cui si viene a formare un gruppo. È infatti sufficiente la formazione di una collettività perché sorgano subito delle nuove leggi e regole cui gli individui devono conformarsi, norme approvate, condivise e avallate da tutti i partecipanti.
Si veda la differenza con la teoria psicodinamica, dove l’azione aggressiva collettiva viene posta in essere a seguito dell’abbandono dell’attività cognitiva, razionale e morale causata dal formarsi stesso della massa: qui la volontà di uniformarsi all’attività gruppale, sebbene illecita, è invece creata da un intento razionale, consapevole, addirittura legittimo, perché rispettoso delle leggi che emergono all’interno della massa. La folla dunque non viene ad essere un coacervo di individui senza direzione né morale, ma una globalità sociale in cui vigono delle norme, che tutti i componenti sono tenuti a rispettare. Dunque, nelle situazioni di gruppo o in mezzo alla folla, non cambia tanto l’entità del controllo normativo: a mutare è piuttosto la norma condivisa da un insieme di persone. Concludendo con un ossimoro evidente, e forse un po’ provocatorio potremmo dire che, trasgredendo le norme comuni per obbedire alla proprie, la folla agisce in una sorta di legale illiceità, di anomia normativa, di responsabilità irresponsabile. Obbedisce pur sempre a delle regole, dunque. Le proprie.

M. Rebecca Farsi


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Freud, S. (1921), Psicologia delle masse e analisi dell’Io, Bollati Boringhieri, Torino, 2015;
Turner, R.H., Killian, L. M. (1972), Collective Behavior, Englewood Cliffs, NJ, Prentice Hall;
Zimbardo, P.G. (1971) L’effetto Lucifero. Cattivi si diventa?, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2008.

Immagine: The Crowd (Marina Novikova)

6 commenti Aggiungi il tuo

  1. Le perle di R. ha detto:

    Interessatissimo per me! Sono attratta da argomenti che trattano la psiche, soprattutto nell’aspetto sociale, e penso, pur non avendo studi in merito, che ognuno di noi possiede le capacità di percezione e comprensione se attivasse l’osservazione e la riflessione personale in ciò che lo circonda.

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    1. Allora continua a seguire Rebecca! Sta iniziando a scrivere articoli con noi e spero che ne pubblicheremo sempre più. Buona Pasqua, Rita

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      1. Le perle di R. ha detto:

        Buona Pasqua anche a te, anche se in ritardo.

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  2. Maria ha detto:

    Piaciutissimo 👏

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    1. Sono felicissimo! Rebecca sta iniziando a pubblicare con noi e trovi i suoi articoli meravigliosi. Buona Pasqua, Maria

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      1. Maria ha detto:

        Argomenti davvero interessanti 😄 . Buona Pasqua anche a te, Daniele!

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