Il Dolore delle ferite emotive

Ecco un’altra testimonianza del nostro amico centroasociale.com, che ci parla di come provare a superare le ferite che la vita ci lascia.

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Ci sono tanti tipi di dolore al mondo, quello del parto, quando si sta per dare alla luce un nuovo bambino, quello di quando ci si rompe un braccio se si cade, o quello di quando si ha semplicemente mal di testa o mal di stomaco. Ma esiste un altro tipo di dolore ed è il dolore di una ferita emotiva. Questa sanguina, ci fa male e ce la portiamo dentro magari nel silenzio di noi stessi. A volte può essere accompagnata da una lacrima o più lacrime che possono fare da balsamo alla nostra ferita, altre volte urliamo da questo dolore e quindi non resta nel silenzio, le persone intorno a noi possono sentire e provare empatia per il nostro dolore, ma non potranno mai capirlo appieno perché non sono noi stesse e non sono all’interno di noi quindi tutto ci può sembrare nel momento in cui la ferita emotiva è in piena emorragia lontano e distante. Ci sentiamo come su di un’isola deserta in preda alle nostre voci disperate interne che gridano aiuto, consapevoli del fatto che quell’aiuto non arriverà mai, perché magari siamo stati traditi dalla persona che amavamo, abbiamo avuto un lutto, una persona ci ha detto una brutta menzogna, abbiamo avuto un qualsiasi tipo di rifiuto. E allora la solitudine e l’isolamento diventano i nostri migliori amici e amiche. Tutto ci sembra vano, pensiamo che le persone non ci capiscano e tendiamo ad allontanarle. Quella che è la nostra quotidianità all’improvviso diventa una vero e proprio film dell’orrore con filtri scuri di vario tipo che vanno ad accentuare un paesaggio che abbiamo deciso noi però di appesantire in quel modo. Però quando ci vengono a dire: “il tempo metterà a posto le cose “non è del tutto falso. Perché il tempo (secondo me) aiuta veramente a risanare quella che era la ferita. Poi c’è un’altra parola che voglio utilizzare, anzi altre 3.

Queste tre parole sono: “presa di coscienza, assorbimento, e consapevolezza “.

  • La prima ci aiuta a capire che non tutto è perduto che dopo il grigiore spunta sempre un po’ di sole e che la strada può essere battuta.
  • La seconda sarebbe “l’assorbimento del danno ” del tipo “ora sono inciampato, o mi hanno fatto inciampare, ma sono pronto a ripartire con le giuste precauzioni”.
  • La terza invece è la consapevolezza finale, che ci aiuta nella vita di tutti i giorni a vivere il presente e attenzione, non a farci mai più male, ma a farci meno male del previsto a conoscere meglio il terreno, l’auto sul quale stiamo guidando e le condizioni atmosferiche.

E quando la nostra ferita si sarà cicatrizzata del tutto saremo pronti a rimetterci a bordo, pronti per una nuovissima avventura verso quel viaggio che è la vita.

centroasociale.com

Immagine: Pain IV (Donatella Marraoni)

4 commenti Aggiungi il tuo

  1. silviacavalieri ha detto:

    Ho vissuto un vero calvario quando, negli ultimissimi anni della sua vita mia madre perse buona parte della sua lucidità, mutando improvvisamente i buoni sentimenti che fino a quel momento mi aveva manifestato in un sordo inspiegabile rancore. Ero più che adulta, allora, consapevole che la causa del suo mutamento risiedeva in evidenti lesioni cerebrali allora, ma non preparata a provare sulla pelle il suo rifiuto. Ricusò la mia mano fino agli ultimi istanti. Risalire dal dolore è stato un percorso doloroso e difficile, che penso sia finalmente giunto al termine. Ho viaggiato nella vita e nelle sue tempeste per tutto questo tempo, ho anche potuto sventare naufragi, salvare chi si stava perdendo, eppure sono stata a lungo una nave con una falla…

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    1. centroasociale ha detto:

      Un po’ cara silvia è un dolore che capisco , avendo avuto mia madre seppur per pochi mesi malata di un brutto male alla testa , che l’ha debilitata tantissimo . Purtroppo certi dolori avvengono all’improvviso ed inspiegabilmente , l’unica cosa che possiamo fare dentro di noi è accoglierli anche con tutta la rabbia che portiamo addosso per poi lasciarli fluire lasciando che quella barchetta fatta di carta in mezzo al mare non naufraghi più e non si perda in una poltiglia , ma che diventi roccaforte di un nostro cambiamento , arduo ma pur sempre un cambiamento che ci farà crescere e prendere consapevolezza .

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      1. silviacavalieri ha detto:

        Non poter contare più dell’amore della madre, pur rendendomi conto delle cause di questo “abbandono” è stato un dolore devastante. Sarò anche cresciuta, ma che prezzo!

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  2. Ana de Lacalle ha detto:

    Hay heridas emocionales que no pueden ser reparadas nunca, sobre todo cuando afectan a lo más originario….

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