SESSUALITA’ E MALATTIA: IL TABU’ DA INFRANGERE

In questi ultimi anni l’approccio verso tematiche come la sessualità si è notevolmente aperto attraverso vari canali, quali per esempio i mass media e i social network; se ne parla con maggior disinvoltura, ma nonostante questo le persone esitano a discuterne se personalmente interessati, tanto più se le problematiche sessuali sono correlate ad una patologia.
La sessualità è parte integrante dell’esistenza umana e secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) è “influenzata dall’interazione di fattori biologici, psicologici, sociali, economici, politici, etici, giuridici, storici, religiosi e spirituali che arricchiscono e rafforzano la comunicazione e l’amore tra le persone”.
Si evince quindi che l’atto riproduttivo fine a se stesso è solo una parte della sfera sessuale: un individuo può vivere ed esprimere la propria sessualità senza fini riproduttivi e sarebbe riduttivo escludere la dimensione del gioco, della comunicazione con l’altro, della relazione e dello scambio di piacere come momento privilegiato dell’intimità.
La sessualità è implicita in ogni fase della vita, si modifica con l’età ed è influenzata da fattori psicologici, emotivi, culturali, valori, così come dal comfort con il proprio corpo e dalla qualità delle proprie relazioni.
Quando una persona scopre di avere un tumore, si modifica, fra gli altri, il modo in cui questa vive la propria immagine corporea e la propria sessualità. I cambiamenti possono interessare sia la sfera fisica che psicologica. Nella fase successiva alla comunicazione della diagnosi probabilmente la priorità del paziente sarà volta alla conoscenza della cura, alla tolleranza della terapia e alla propria sopravvivenza. Il sentimento preponderante potrebbe essere un drastico calo dell’umore fino ad un vero e proprio stato depressivo che potrebbe portare la persona ad essere meno coinvolta anche nelle proprie relazioni sessuali.
Il trattamento chirurgico, la radioterapia, la chemioterapia, possono sfociare in esiti che vanno a influenzare la propria percezione corporea. Subire un intervento chirurgico a livello cranico porta ad esibire una ferita che può mettere a disagio nella relazione con gli altri, a maggior ragione nell’intimità col partner; perdere i capelli o vedere il proprio corpo modificarsi (gonfiore) a causa della terapia, ad esempio cortisonica, potrebbe aumentare l’insicurezza e la poca stima di sé; gli stessi farmaci potrebbero essere causa di alterazioni di alcune fasi del ciclo sessuale; difficoltà motorie, espressive o visive potrebbero far sentire la persona in uno stato di inferiorità verso l’altro, depauperata delle capacità delle quali fino a poco prima era padrone; alcuni farmaci utilizzati per la terapia possono anche minare la progettualità riproduttiva. Avere un tumore cerebrale può provocare alterazioni comportamentali che potrebbero portare a vivere in maniera diversa le proprie relazioni anche sessuali. L’approccio con gli altri potrebbe cambiare, essere diverso rispetto a prima.
Indagare la sfera sessuale espressa dal singolo dovrebbe essere parte integrante del percorso di cura della persona malata fin dall’inizio; sarebbe significativo che ogni paziente avesse la possibilità, ancor prima dell’inizio dei trattamenti, di esprimere i propri dubbi, le proprie perplessità anche in merito a questa tematica e di ottenere le corrette informazioni e le relative rassicurazioni dagli operatori sanitari non solo sulla malattia e sulla cura ma anche su ogni aspetto della propria vita che queste potrebbero influenzare direttamente o indirettamente. I problemi, non devono essere percepiti dal paziente solo come tali, ma dovrebbero essere da sprono per aprirsi in tal senso col proprio medico, col proprio infermiere, senza paura. Viceversa è fondamentale una cultura della sessualità in ambito sanitario: tutto il personale dovrebbe essere in grado di offrire al paziente un momento di apertura libero da paure, stereotipi, tabù durante il quale il paziente possa sentirsi libero da sentimenti di vergogna o inadeguatezza. Dedicare del “tempo” alla persona assistita è il primo passo per poter instaurare quel clima di fiducia e confidenza necessari a creare un “ambiente” fecondo per una sana relazione di cura.
Speriamo che queste brevi righe abbiano da una parte aperto un varco nelle menti degli operatori sanitari e, dall’altro, abbiano sdoganato il tema della sessualità da parte dei pazienti, affinché si possano sentire più a loro agio nella condivisione anche di questi aspetti intimi.
Vi diamo appuntamento al prossimo numero, in cui daremo spazio e voce a quelle domande che troppo spesso rimangono senza risposta.

Elena e Lorena

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