
Un nuovo studio appena pubblicato su Nature Neuroscience ha scoperto circuiti neuronali nel cervello dei roditori che possono svolgere un ruolo importante nella mediazione dell’anedonia indotta dal dolore, una diminuzione della motivazione a eseguire comportamenti guidati dalla ricompensa. Nello studio finanziato dal National Institute on Drug Abuse (NIDA), parte del National Institutes of Health, i ricercatori sono riusciti a modificare l’attività di questo circuito e ripristinare i livelli di motivazione in un modello preclinico di dolore testato sui roditori.
A livello di base, il dolore include due componenti: sensoriale (il dolore che provi) e affettivo (la componente emotiva negativa del dolore). La presenza di anedonia, un segno distintivo del dolore affettivo, è una caratteristica comune della depressione e può anche aumentare la propria vulnerabilità al disturbo da uso di oppiacei (OUD). Data questa relazione, una migliore comprensione dei circuiti cerebrali coinvolti nella componente affettiva del dolore è una parte importante del portafoglio di ricerca del NIDA. Il dolore cronico è sperimentato a molti livelli oltre a quello fisico, e questa ricerca dimostra le basi biologiche del dolore affettivo. È un potente promemoria del fatto che i fenomeni psicologici come il dolore affettivo sono il risultato di processi biologici.
È emozionante vedere l’inizio di un percorso in avanti che potrebbe aprire la strada a interventi di trattamento che affrontano gli effetti motivazionali ed emotivi del dolore. Per indagare su cosa potrebbe essere alla base della componente affettiva del dolore, i ricercatori della Washington University di St. Louis si sono basati su studi precedenti in cui i ricercatori hanno osservato che i topi che soffrivano avevano maggiori probabilità di consumare dosi più elevate di eroina rispetto ai topi che non provavano dolore. Inoltre, la loro motivazione per i premi naturali, come le compresse di zucchero, è stata ridotta.
La nuova linea di indagine ha cercato di scoprire i circuiti cerebrali coinvolti in questo percorso, per comprendere meglio la relazione tra dolore e cambiamenti correlati nel proprio stato motivazionale. In questo nuovo studio, i ricercatori hanno misurato l’attività dei neuroni dopaminergici nell’area tegmentale ventrale, parte del “sistema di ricompensa” del cervello, che elabora le ricompense e orchestra il comportamento motivato. L’attività neuronale della dopamina è stata misurata nei ratti mentre premevano una leva con la zampa anteriore per ricevere una compressa di zucchero (la ricompensa). Per valutare l’impatto del dolore sul comportamento degli animali e sull’attività di questi neuroni dopaminergici, è stata iniettata nella zampa posteriore una soluzione salina (la condizione di controllo) o una soluzione che produce un’infiammazione locale (la condizione del dolore).
Dopo 48 ore, i ricercatori hanno scoperto che i ratti nella condizione di dolore premevano meno la leva per ottenere la compressa di zucchero, dimostrando una diminuzione della motivazione, e che i loro neuroni dopaminergici erano meno attivi. Hanno poi scoperto che il motivo per cui i neuroni dopaminergici erano meno attivi era perché il dolore attivava le cellule di una regione del cervello nota come nucleo tegmentale rostromediale (RMTg), che produce il GABA neurochimico inibitorio, e il GABA blocca l’attività dei neuroni dopaminergici. Tuttavia, quando i ricercatori hanno ripristinato artificialmente l’attività dei neuroni dopaminergici (attraverso un processo chiamato chemogenetica), sono stati in grado di invertire l’effetto negativo del dolore sul sistema di ricompensa e ripristinare la motivazione a spingere la leva per la compressa di zucchero tra i ratti in dolore, anche con gli stimoli dolorosi ancora presenti. In ulteriori esperimenti, i ricercatori sono stati anche in grado di ripristinare l’attività dei neuroni dopaminergici invertendo l’iperattività indotta dal dolore dei neuroni GABA. Ciò ha ripristinato la motivazione dei ratti che stavano provando dolore a preferire una soluzione dolce di saccarosio all’acqua, indicando un miglioramento nella loro capacità di provare piacere, nonostante soffrissero.
A conoscenza degli autori, questa è la prima volta che è stato riportato che il dolore promuove una maggiore attività dei neuroni GABA e una “via inibitoria” nel sistema di ricompensa del cervello dall’RMTg, che provoca una diminuzione dell’attività delle cellule dopaminergiche. Il dolore è stato studiato principalmente nei siti periferici e non nel cervello, con l’obiettivo di ridurre o eliminare la componente sensoriale del dolore. Nel frattempo, la componente emotiva del dolore e delle comorbilità associate come depressione, ansia e mancanza di capacità di provare piacere che accompagnano il dolore è stata ampiamente ignorata. È appagante essere in grado di mostrare ai pazienti con dolore che la loro salute mentale e i loro cambiamenti comportamentali sono reali quanto le sensazioni fisiche, e potremmo essere in grado di trattare questi cambiamenti un giorno.
Daniele Corbo
Bibliografia: “Pain induces adaptations in ventral tegmental area dopamine neurons to drive anhedonia-like behavior” by Tamara Markovic, Christian E. Pedersen, Nicolas Massaly, Yvan M. Vachez, Brian Ruyle, Caitlin A. Murphy, Kavitha Abiraman, Jung Hoon Shin, Jeniffer J. Garcia, Hye Jean Yoon, Veronica A. Alvarez, Michael R. Bruchas, Meaghan C. Creed & Jose A. Morón. Nature Neuroscience
Immagine: Life’s pain (Krzyzanowski Art)
Speriamo 🤞
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