
Quando guardi due oggetti vicini a te come due foglie, è facile distinguerli ma quando sono più lontani da te, diventano difficili da distinguere. I due oggetti vengono “compressi”, un principio base della percezione. Il concetto di sé funziona allo stesso modo, secondo un nuovo studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences.
Se qualcuno ti chiede, ad esempio, se pensi che domani sarai più calmo di oggi, è facile confrontare le due situazioni. Ma se ti viene chiesto se pensi che sarai più calmo tra 10 o 11 giorni, diventa molto più difficile discriminare tra i due giorni. Il nostro concetto di sé diventa sempre più sfocato nel tempo, più ci si allontana dal presente. Mentre pensi a te stesso più lontano nel tempo, nel passato o nel futuro, stai accedendo a una versione meno distinguibile di te stesso.
La ricerca è stata composta da quattro studi. In tre degli studi, i partecipanti hanno valutato i propri tratti di personalità o riferito sulla propria percezione di sé in diversi momenti nel passato e nel futuro. Lo studio ha scoperto che rispetto al loro sé presente, i partecipanti hanno compresso il loro sé passato e futuro. Nel quarto studio, i partecipanti sono stati invitati ad osservare una coppia di tratti della personalità e hanno dovuto selezionare quale li descriveva meglio in un dato periodo di tempo, durante la scansione fMRI.
L’imaging cerebrale ha permesso ai ricercatori di determinare come il cervello organizza le rappresentazioni del sé nel tempo. Ogni volta che un partecipante pensava a se stesso nel presente, nel passato o nel futuro, i ricercatori potevano ottenere un’impronta di come fosse il loro cervello. Quelle impronte divennero meno distinguibili l’uno dall’altro man mano che i partecipanti pensavano a se stessi più lontano nel tempo. Anche a livello di attività cerebrale, vediamo prove che i nostri sé passati e futuri diventano meno distintivi quando ci consideriamo più lontani nel tempo. I dati fMRI erano coerenti con i risultati delle valutazioni della personalità dei partecipanti, fornendo prove di ciò che il team chiama l’effetto di “autocompressione temporale.
Questa ricerca fornisce un nuovo modo di pensare a come organizziamo la nostra identità nel tempo. In psicologia, è risaputo che ci possono essere comportamenti problematici per alcune persone quando pensano al loro passato o futuro, come qualcuno che non risparmia abbastanza per la pensione perché non può pensare così lontano. La ricerca futura sull’effetto di autocompressione temporale potrebbe aiutare a spiegare questo tipo di comportamento. Le persone possono avere difficoltà a prendere buone decisioni per il loro sé futuro o a ricordare accuratamente il loro passato perché non possono vedere il loro sé distante in una visione chiara.
Daniele Corbo
Bibliografia: “Temporal self-compression: Behavioral and neural evidence that past and future selves are compressed as they move away from the present” by Sasha Brietzke and Meghan L. Meyer. PNAS
Immagine: time is so slow for those who wait (Kasia Derwinska)
Molto interessante!
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Non mi stupisce
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