
Le persone hanno spesso risposte diverse allo stress. Queste distinte reazioni comportamentali potrebbero rappresentare fattori che indicano una diversa suscettibilità individuale a sviluppare determinate patologie come la depressione. Un gruppo di ricerca dell’EPFL, membro del Swiss Synapsy national center of competence in research (NCCR-Synapsy) sulla salute mentale, ha dimostrato che la motivazione ad esercitare uno sforzo prolungato per ottenere obiettivi dopo l’esposizione allo stress dipende dal livello di ansia dell’individuo.
Lo studio, condotto sui ratti, mostra che mentre lo stress motiva gli animali con bassa ansia a fare uno sforzo fisico, mina la capacità di esercitare uno sforzo negli animali altamente ansiosi. I meccanismi cellulari alla base di queste differenze comportamentali, che si possono leggere sulla rivista Science Advances, coinvolgono il recettore 1 dell’ormone di rilascio della corticotropina (CRHR1), espresso dal gruppo cellulare dopaminergico nell’area tegmentale ventrale, una regione cerebrale nota per essere coinvolta nella regolazione della motivazione. Lo studio mostra che l’espressione di questi recettori è direttamente collegata al livello di ansia dei ratti, con la prima conseguenza di una modulazione dell’attività neuronale, che porta ad un aumento o diminuzione della motivazione.
Questi risultati aiutano a spiegare le differenze individuali nella predisposizione allo stress e potrebbero fornire una migliore stratificazione dei pazienti per lo sviluppo di trattamenti più personalizzati contro la depressione. L’esposizione allo stress attiva un gruppo di risposte fisiologiche e cerebrali naturali che orchestrano i cambiamenti comportamentali necessari per affrontare le minacce alla propria vita, come fuggire o combattere di fronte a un potenziale aggressore. L’esposizione a situazioni di stress intenso o ripetuto può comunque avere effetti insidiosi e innescare problemi psichiatrici caratterizzati da un’alterazione della motivazione, come la depressione. Gli studi condotti sulla motivazione dopo l’esposizione allo stress hanno finora fornito risultati contraddittori. Alcuni studi mostrano che lo stress provoca una diminuzione della motivazione mentre altri indicano un miglioramento delle prestazioni. I ricercatori del Brain Mind Institute dell’EPFL hanno cercato di determinare se questi risultati contraddittori potessero essere dovuti a variazioni nei tratti della personalità degli individui, come l’ansia, che si è rivelata un moderatore chiave negli effetti di stress acuto sull’apprendimento e sul comportamento sociale. Il laboratorio ha condotto uno studio per determinare se l’ansia di tratto di individui diversi potesse promuovere o inibire la motivazione sotto stress.
Come gli esseri umani, i topi hanno tratti di personalità più o meno ansiosi. Hanno preso questa variazione naturale come base per selezionare una popolazione di ratti molto ansiosi e un altro gruppo con tratti di ansia bassi. I ricercatori dell’EFPL hanno prima addestrato i topi in un compito premendo una leva per ottenere un premio. Quindi, hanno sottoposto queste due diverse popolazioni di test a una sfida stressante consistente nell’esporre gli animali su una piattaforma elevata da cui non potevano scappare per un quarto d’ora. Subito dopo, hanno messo alla prova la loro motivazione, rendendo ogni volta più forte lo sforzo di azionare la leva. La capacità dei ratti molto ansiosi di mantenere una performance costante era considerevolmente inferiore a quella mostrata da quelli meno ansiosi.
Utilizzando queste informazioni appena acquisite, i neuroscienziati hanno quindi esaminato i meccanismi sottostanti. Attraverso le analisi genetiche delle due popolazioni di ratti, hanno scoperto che l’espressione del CRHR1 era diversa tra i ratti ad alta ansia e i ratti a bassa ansia. Questo recettore si attiva quando gli animali sono esposti a stress e influenza l’attività dei gruppi cellulari dopaminergici nell’area ventrale tegmentale (VTA), una regione cerebrale riconosciuta per il suo ruolo nella regolazione della motivazione. I livelli più elevati di CRHR1 nei ratti a bassa ansia spiegano perché le loro prestazioni sono migliori dopo l’esposizione allo stress. Per verificare le loro scoperte, i ricercatori hanno utilizzato strategie genetiche e farmacologiche per “giocare” con il livello di espressione e per inibire e attivare questo recettore. Indipendentemente dal fatto che le manipolazioni sperimentali siano state eseguite su topi o su ratti, i risultati sono stati coerenti con la conclusione che la motivazione sotto stress si muove in direzioni opposte negli individui in base al loro livello di ansia.
Quindi, quando si considera l’ansia come un tratto caratteriale, la diversità delle personalità potrebbe riflettere la diversità di comportamento, rappresentata in questo studio dalla forza di volontà. Le scienze della vita finora hanno avuto la tendenza ad evitare la questione della diversità, in particolare quella legata al genere. Oltre al suo obiettivo principale, questo studio è anche un modo per esaminare la questione della diversità. Questi risultati sono promettenti anche per il trattamento della depressione. Il recettore CRHR1 è stato in realtà oggetto di molti studi per lo sviluppo di trattamenti medicinali. A causa della mancanza di efficacia e della variabilità dei risultati ottenuti, nessuna molecola è ancora riuscita a superare il primo ostacolo degli studi clinici. Questi risultati mostrano che bisogna prendere in considerazione i tratti di ansia individuali per ottenere un quadro migliore delle prestazioni comportamentali. Ciò contribuirà sicuramente a sviluppare studi clinici più focalizzati sui profili genetici e sulla variabilità degli individui nell’ansia, aumentando le loro possibilità di successo.
Daniele Corbo
Bibliografia: “Opposite effects of stress on effortful motivation in high and low anxiety are mediated by CRHR1 in the VTA” by Ioannis Zalachoras et al. Science Advances
Immagine: Anxiety – framed portrait (Misty Lady)